Stefano Di Maria, giovane molisano con la passione per la fotografia e la scrittura, ha pubblicato “Narratografie n. 2 – Maccaturo e mascherina”. Il volume, composto da racconti e scatti, ha come filo conduttore il lockdown di marzo in Molise e vuole rappresentare una sorta di diario da lasciare come testimonianza per gli anni a venire.
E, così, Dio, lontano come mai prima nella storia, è diventato improvvisamente più vicino. E, la natura che, chi se ne frega, tanto sta lì, anche se deturpata, da nostra serva si è trasformata in un bene prezioso, indispensabile, impellente. E, alla fine, abbiamo ricordato che, lì fuori, oltre quella matassa di costruzioni tanto aggrovigliata da impedirci, a volte, di vivere come vorremmo, esiste un universo di baci, abbracci, sorrisi, sguardi, strette di mano che, se vengono meno, la vita fa un poco più male.
“Gli uccelli hanno continuato a volare e non vedendo più l’uomo il cielo è sceso più in basso. Alla natura”.
Con questa dedica Stefano Di Maria apre “Narratografie N° 2 – Maccaturo e mascherina” (Palladino Editore). La raccolta di racconti e fotografie giunge a quasi un anno da “Narratografie N° 1” e nasce a partire dal lockdown di marzo. Chiusi in casa, le nostre vite hanno subito un arresto improvviso. Un po’ come quando il cuore decide che no, non ho più voglia di battere bene. Allora, abbiamo avuto bisogno di ossigeno. Ci siamo rintanati nei messaggi di speranza sventolati dai balconi e dalle finestre. Abbiamo cercato rifugio nella musica alle 18 del pomeriggio, così puntuale che, se te la perdevi, ti veniva un vuoto allo stomaco, proprio come la messa della domenica per chi crede. Ci siamo distratti con i libri, che quasi non ricordavamo esistessero, e con la cucina che, fino a qualche settimana prima, ci pareva troppo impegnativa. A tirare la corda, musicisti, ballerini, scrittori, artisti di ogni di genere. Tra questi, c’era pure Stefano con La carboneria molisana.
“Abbiamo realizzato un podcast. Io avevo il compito di scrivere le storie della buona notte. Ho preso tre racconti letti per questa iniziativa e li ho mescolati con altri quattro totalmente inediti. Poi, ho alternato le storie ad alcuni scatti che ho realizzato proprio durante il primo lockdown. Il periodo di marzo mi ha permesso anche di avere il tempo per riprendere la macchina fotografica. Quindi, si tratta di foto essenziali, realizzate a pochissimi passi da casa mia. Mi sono focalizzato su quelle cose che, a volte, sembrano banali ma che, in realtà, ci permettono di osservare la bellezza autentica e i piccoli particolari”.
Così, Stefano ha raccontato di quando ha salutato Campobasso e la quotidianità che rappresenta. Ha narrato di suo figlio che cresce proprio come il lievito apparso, all’improvviso, tanto indispensabile. Ha elencato tutti i simboli che, senza troppe parole, indicano la pandemia in corso e che noi abbiamo dovuto mescolare alle nostre consuetudini così come ci ricorda il titolo del libro. Poi, ha parlato di quando la libertà è ritornata ma abbiamo perso, di nuovo, il tempo. A quando ci siamo accorti che migliori non lo siamo diventati più di tanto, partendo dall’ignorare chi solo era e solo è rimasto; chi solo si è trovato all’improvviso; chi è costretto a rimanere solo.
Dunque, così come spiega Stefano, “si tratta di una sorta di diario per fissare come abbiamo vissuto il lockdown in Molise, cercando punti di vista differenti e offrendo due piani di lettura. Uno immediato, l’altro più profondo”. Come è profondo il senso che il giovane molisano ha voluto dare alla consegna delle copie: “Ho pensato che fosse necessario mettere al primo posto il rapporto umano. Ho voluto dedicare ad ogni lettore un poco del mio tempo. Ho voglia di scambiare due parole con tutti. Così, consegno il libro a chi lo prenota, di persona, casa per casa. Ovviamente, tutto viene fatto in sicurezza. A tal fine, ho adottato l’antico metodo del paniere dalla finestra. Mi mandano il cestino dalla finestra o dal balcone e io ci poso dentro il libro”. E, a noi, non ci resta che prenotarlo alla pagina Facebook “Narratografo”.
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