In questi giorni, per una serie di coincidenze ho ripensato al come e al quando siano nate due mie passioni incrollabili e granitiche della mia esistenza: la lettura e il gioco eterno degli scacchi. E tutte due riportano ad un luogo e ad una persona, importanti, che mi hanno dato un imprinting straordinario, modellando, quando ero bambino, tutta la mia esistenza successiva. Il luogo era il Centro di Educazione Permanente, che noi chiamavamo famigliarmente “Il Centro di Lettura”, e la persona era quello straordinario uomo di cultura, il maestro Oberdan Stingone che lo fondò e se ne fece carico per più di un decennio, per poi lasciare il passo alla maestra Lea D’angelo, che ne fu degna amministratrice, fino alla sua definitiva abolizione alla fine degli anni ’70.
Il maestro Stingone era nato a Bisaccia, in provincia di Avellino nel 1916. Negli anni ’40 aveva ottenuto e incominciato ad insegnare nelle scuole del suo luogo natio. Ma nel 1950, dopo aver conosciuto tempo prima, Nicoletta Di Bello, una maestra di San Martino, si trasferisce nel nostro paese definitivamente, dove insegna per alcuni anni. alla fine degli anni sessanta, in attività di servizio, fa nascere e vivere il “centro di Lettura”, che si apriva ai giovani del paese e a tutti coloro che tornavano a casa, dopo aver lavorato una giornata intera. La prima sede fu aperta nel vecchio palazzo Pollice, allora anche sede delle scuole elementari ma, dopo alcuni anni, grazie all’aiuto di un funzionario superiore del Ministero dell’Istruzione, il Signor Cives Arnaldo, suo antico compagno di scuola, lo trasforma in “Centro Sociale di educazione Permanente”, trasferendolo nella nuova Scuola Elementare di Via Po. Grazie al suo perseverante impegno questo luogo diventa molto frequentato e vissuto dai giovani e da tutti coloro che volevano imparare qualcosa stando insieme: fu una vera e propria fucina di cultura che segna la vita di molte generazioni di giovani sanmartinesi che si affacciavano allora sul mondo del lavoro e negli studi universitari. Si divulga e diffonde la lettura dei libri, grazie ad un’ottima e fornita Biblioteca, e si insegna a giocare a scacchi, con i quali il maestro non solo trasmetteva una sua passione, ma anche un modo di pensare e di affrontare i problemi della vita. Spesso, attorno ad una partita, nasceva un vero e proprio confronto. Nel centro Sociale si organizzano letture di poesia e dibattiti a tutto tondo, e, spesso anche, cicli di cineforum, tanto da diventare la realtà più viva e attiva del paese. Si riesce a fare persino teatro e si organizzano spettacoli memorabili in collaborazione con altri gruppi locali di altri paesi. Indimenticabile fu lo spettacolo organizzato con un gruppo parrocchiale di Rotello, allora guidato da un altro grande sanmartinese come Don Luigi Marcangione. Io stesso, da bambino, seguendo mio padre, frequentavo il “Centro di Lettura” e lì ho letto, proprio messomi in mano dal maestro Stingone, il mio primo libro, “Ivanhoe” di Walter Scott, il primo romanzo storico della letteratura mondiale, che ha segnato per sempre la mia vita, mettendo al centro di essa una forte passione per la storia. Ho un ricordo vivido persino della copertina colorata. Lì, insomma, inizia la mia passione per la lettura e i primi rudimenti di una cultura che non era solo nozionismo. Ricordo ancora, come se fosse adesso, l’impegno che ci mettemmo a scrivere, su delle strisce di carta, che appendemmo al muro, una terzina del canto XXVII, quello di Ulisse, dell’Inferno di Dante, quando l’eroe greco, incita i suoi a varcare le colonne d’Ercole, che segnavano il mondo conosciuto di allora: “Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza“. Quella scritta campeggiava sul muro ed era un chiaro invito a prendere il largo verso ciò che non conoscevamo per farlo nostro. Il maestro Oberdan ci invitava con Dante ad andare oltre noi stessi, ad avere coraggio d’essere qualcosa di migliore di ciò che eravamo. E valeva per tutti, anche per gli operai e i giovani lavoratori che affollavano la sera quel posto. E tutti quelli che lo frequentavano per miracolo, anche con pochi mezzi culturali, si sforzavano di migliorare se stessi. La fortuna aveva voluto che la mia casa natale fosse attaccata alle scuole elementari di via Po e che mio padre fosse un amico molto stretto del maestro, per cui quasi ogni sera, per molti anni ho frequentato quel luogo a cui devo moltissimo. Lo stesso maestro Stingone, appassionato del gioco degli scacchi, mi trasmise questo amore, insegnandomi le regole e le mosse. Ed anche quando il maestro Oberdan era in pensione, ed io all’Università, nei miei ritorni trovavamo il momento, nei pomeriggi di sabato, per una partita a Scacchi. Negli anni ho imparato a vincere partite grazie al mio approfondimento delle teorie scacchistiche ma lui era contento perché vedeva in me il lievitare di una passione che era stata prima la sua e che era riuscito a tresmettermi. Le nostre partite duravano ore perché spesso le mosse erano inframmezzate da lunghe riflessioni sulla poesia, sulla filosofia, sulla politica e tant’altro, dimostrando che il suo interesse per il mondo e la cultura non era mai andato in pensione. Su quel campo infinito di possibilità, come dice J.L. Borges ” giocatori, nel grave cantone/guidano i lenti pezzi. La scacchiera/fino al mattino li incatena all’arduo/riquadro dove s’odian due colori. Raggiano in esso magici rigori / le forme: torre omerica, leggero/ cavallo, armata regina, re estremo, /alfiere obliquo, aggressive pedine. /I giocatori si separeranno, /li ridurrà in polvere il tempo, e il rito /antico troverà nuovi fedeli. Accesa nell’oriente, questa guerra/ ha oggi il mondo per anfiteatro.Come l’altro, è infinito questo giuoco.”
Uomo all’apparenza spigoloso e severo, con un fisico che sembrava una canna al vento, all’apparenza esile e fragile, il maestro Stingone si è dimostrato nel tempo una persona rispettosa e attenta agli altri, sempre in ascolto. Nei nostri incontri pomeridiani mi faceva leggere le poesie e gli articoli che scriveva per “La Torre”, una rivista animata dal parroco del suo paese d’origine, Bisaccia, con cui non aveva mai reciso i legami personali ed affettivi. Oberdan Stingone, per la sua opera di divulgazione culturale per più di un trentennio è stato una delle figure più importanti per le generazioni di sanmartinesi nati dopo la seconda guerra mondiale. e quel “Centro di Lettura”, in un’epoca come la nostra, dove tutto sembra a portata di mano, avrebbe ancora senso per cercare di tirare le fila, per fare sintesi e per dibattere, al di là dei falsi scontri fra il pettegolezzo e il chiacchiericcio dei Social network, di politica e di letteratura, di esperienze e di sensazioni, di vita e di morte, come facevamo noi.
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