Una telefonata dopo un’altra, un racconto dopo l’altro, un incontro dopo l’altro, e Guardia mi viene raccontata con amore, passione ed enfasi, dall’amico Vincenzo Di Sabato. Mi accosto a lui come l’alunno al docente, come il viandante al rifocillatore d’acqua vitale per poter continuare il viaggio. Mi parla di Guardia come un Padre parla del proprio figlio. La commozione giunge alla lacrima nel momento in cui ricorda la Prima Porta Santa della Cristianità. La parola diventa fremito ed il racconto si appalesa al cuore e la gioia infonde la stanza piena d’odor di caffè e, sotto la spinta di un cioccolatino, il racconto continua e, ancor giù fiumi di ricordi, di date, di accadimenti e di tanta saggezza. – Guardialfiera è Guardialfiera – , ripete senza sosta. Arte, storia, cultura e , tanta benedizione e perdono. Il ricordo non è più tale, diventa presente. La Porta Santa da qui a poco tornerà ad aprirsi per donarci sollievo da ogni incomprensione, da ogni parola fuori luogo, da ogni dispiacere nel dare e nell’avere. Tutto sarà cancellato. Anche il peccato lo sarà e, per fortuna, questo a Guardialfiera accade ogni anno come solo ad Atri e l’ Aquila. A Guardialfiera si , Guardialfiera, nel nostro Molise.
- Su questo nostro presente ancora martoriato dal ventre impuro del Coronavirus, la liturgia del 1° giugno a Guardialfiera, schiuderà una breccia di luce. La irradierà anche sulla nostra ostinata voglia di felicità. E, con il per-dono perfetto, tornerà perfino la carezza del sole, stanne certo – ,
mi dice ancora Vincenzo mettendomi una mano sulla spalla.
Ed allora le parole bibliche mi suggeriscono il racconto e, chiudendo la porta dopo aver sorseggiato il caffè, mi incammino soavemente predisposto al perdono e nella mente, ogni parola suggeritami dal saggio, dall’uomo che ha saputo essere tenutario ma discepolo di cultura e “incensore “ senza tempo.
“Verranno da oriente e da occidente, da settentrione da mezzogiorno” (presume Luca al cap. 13 del suo Vangelo) per attraversare la “Porta stretta”.
“Signore, aprici!”. Sarà il grido degli assetati di luce, dei candidati di oggi alla salvezza. E lui – quel padrone di casa, il tiranno della parabola – “Allontanatevi da me, io non so da dove venite, non vi conosco!”. “Ma come, abbiamo mangiato e bevuto con te; eravamo in piazza assieme”. “Vi dico, non vi riconosco”.
Appunto, non ci riconosce. E noi insistiamo insieme a quella turba, nel tentativo di allargare la Porta Santa della misericordia e delle prove, anche a Guardia il 1° giugno, attrezzandoci di umiltà e discrezione per poterla oltrepassare. Procurandoci anche lo stile giusto sul come bussare e sul come valicare.
“Riacquistare ed apprezzare gli atti umani, recuperare “il giudizio”, depurare la coscienza, coltivare l’arte dell’incontro”.
E per poter lucrare il dono delle Indulgenze Plenarie, per meritare questa Misericordia donata al mondo, qui, da Leone IX nell’undicesimo secolo, occorre accostarsi – mitigati – il 1° e il 2 giugno alla Comunione Sacramentale. Sono i vincoli, del resto, sanciti da Papa Benedetto XVI il 13 dicembre 2007 e vergate il latino sul “Decretum” mediante il quale legittimando l’immemorabile dono delle Indulgenze di Guardia, il Papa le consolida “in perpetuum valituro”.
Scende in mezzo a noi la grazia del cielo attraverso il perdono, l’assoluzione e la remissione dinanzi a Dio, di tutte le pene temporali. Scende su coloro che – distaccati dal peccato – varcano qui la soglia della “Porta Santa” il 1° e il 2 giugno, e si accostano ai Sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucarestia”. Era questo più o meno il “proclama”, tradotto dal latino e riferito al nostro singolare privilegio. Si raffigurava bello anche dalla sua stesura in caratteri gotici e garbatamente intronizzato dall’Arciprete, fino agli anni ’50, all’ingresso della “Porta Santa”. Esso esprime ancora la sintesi e lo spessore dell’Indulgenza Plenaria Perpetua e l’imponenza di quella “Festa Eterna” splendida, narrata nel ”Pastore sepolto” da Jovine nel 1945, tramandata dalla tradizione e confortata, da un guazzabuglio di ipotesi, da Ughelli, dal Magliano, da Masciotta, fino a mons. Biagio D’Agostino.
Il Magliano intravede l’istituzione della nostra Diocesi attraverso la buona accoglienza resa dal popolo guardiese a Papa Leone IX, ma non accenna alle Indulgenze. Parla della chiesa Cattedrale antica e grande insignita del titolo di Basilica ed ipotizza invece l’ordinamento della Porta Santa nell’anno 1460, quand’era qui Vescovo Jacopo IV, interpretando forse così quel testo inciso sull’antica torre dell’Episcopio: “Jacobus Sancte Sedis Guadiae Pontifex. AD 1460”.
Nelle “Spigolature Storiche Molisane” Gennaro Piedimonte, dalla pagina 19 descrive il tempio di Guardialfiera ricco di suppellettili, di pitture e di Indulgenze, “fra cui la singolarissima e il toties quoties dell’Altare del Crocifisso”. Di Leone IX riporta solo una citazione di Plinio D’Attilio secondo cui “il Papa fece dono alla città di Guardialfiera d’una collezione di quadri vetusti, fra cui un suo artistico ritratto”. Confusione pure tra la Porta Santa e l’Indulgenza Plenaria implorata dal Vescovo di Guardia Pompilio Perrotta e largita nel 1582 da Gregorio XIII. Per la sollecitudine del dott. Antonio Antenucci, copia di tale preziosa pergamena miniata, sfoggia ora nell’Antica Cattedrale, presso l’altare dell’Assunta. Insomma dal 1053 – l’anno in cui Leone IX fu a Guardia – attraverso l’espansione dei secoli, questa straordinarietà è stata magnificata il 1° e 2 giugno d’ogni anno solo “per praeterita consuetudo”.
Senonché nel 1957 gli elementi incominciano a riordinarsi. Alfonso Tozzi – giovane sindaco di questo paese – conferì al geometra Nicola Ardente l’incarico di rimodulare la sconnessa rampa d’accesso alla “Porta Santa”. L’anziano tecnico, pittoresco e colto, mi privilegiò nel dattiloscrivere la sua relazione storica e sacra, dalla quale non catturai là per là l’incredibilità avveniristica, intuita invece dal Comm. Carlo Lattanzio che – in Prefettura, esaminandola in allegato alla Delibera di Giunta – ne rimase sbalordito tanto da precipitarsi qui a promuovere il potenziamento e la divulgazione della favolosa unicità. Nella sua “memoria” Ardente accennò, infatti, agli anni difficili e rilevanti, alla dignità ed al carattere di Papa Leone IX, giunto a Guardialfiera nell’anno 1053, ramingo, umiliato ed esausto. Immaginò l’accoglienza meravigliata e festosa della folla e l’hospitales tributata dal clero e da Adalpherius, il Signore di città. Narrò il brivido di gioia del Papa il quale, in un gorgo d’emozione, volle imprimere su questo suolo, l’inaudito e clamoroso sigillo, mediante l’invenzione della prima forma di Indulgenza Plenaria “sine tempore”, l’instaurazione cioè del Primo Giubileo, nella Storia Universale della Chiesa.
Picchi di felicità da allora, per il graduale avverarsi della pista tracciata da Ardente e del sogno profetico di Carlo Lattanzio. Vincenzo Di Sabato, Antonio Mucciaccio, Onorato Bucci, Giulio Di Rocco, Antonietta Caruso, Antonio Antenucci – personaggi dalla mente e dalla penna buona – studiano, scandagliano, certificano e ne acclamano l’autenticità.
Né il 1° giugno dell’anno 2003 – per il 950° della Porta Santa – sarebbero affluiti a Guardia moltitudini di personalità, se prima non ci fosse stato quel provocatorio stimolo di Nicola Ardente. Arrivano da luoghi diversi, legati da un’unica storia e dallo stesso personaggio: Leone IX, Brunone dei Conti di Dagsburg. C’è nell’emiciclo dell’aula “Conedera” Roberto Zampino, primo cittadino di S. Paolo Civitade laddove a pochi giorni dalla beatitudine di Guardialfiera, Papa Leone fu sconfitto e imprigionato. C’è Elio Meschitelli Sindaco di Sessa Aurunca, la città della quale Leone IX è Santo Protettore. C’è Gaetano Fierro, Sindaco di Potenza che ha voluto condividere un comune passato, con gesti di lucana ed elevata nobiltà.
Dalla “Regesta Pontiphicun Romanorum Antonio Mucciaccio e Onorato Bucci, in questo sconfinato simposio su Leone IX, raffrontano episodi e luoghi ancora esistenti e visibili in Castrum Guardiae” e “apud Biphernun fiuvium”. Essi ricordano come don Giulio Di Rocco sia penetrato negli Archivi Segreti Vaticani e come – attraverso la decifrazione della “Visita ad Limina” redatta nel 1627 da mons. Alessandro Liparolo Vescovo di Guardialfiera ne abbia ricavato presupposti illuminanti. Per di più dai “Primi atti sulle Indulgenze” a pag. 1903, don Giulio individua un dubitativo: “Pare che la prima concessione papale d’Indulgenza Plenaria sia quella di Nicolò II nell’anno 1060 per la consacrazione degli Altari nell’Abbazia di S.Maria di Farfa”. E’ chiaro! E, insuperbito, il Canonico Di Rocco a pag. 120 de può così erompere: L’Indulgenza elargita da Papa Leone IX alla Chiesa di Guardia nel 1053, è anteriore di sette anni a quella di Nicolo II”! Innegabile e determinante, seppur per esclusione, l’affermazione rogata da mons. Alessadro Liparolo nella Visita ad Limina del 1627 “ C’è a Guardia l’antica consuetudine di celebrare solennemente la Dedicazione della Chiesa il 2 giugno nel qual giorno, sia i cittadini sia i forestieri, convengono numerosi per nutrirsi dei Sacramenti della Penitenza e dell’Eucarestia e, la Porta che si trova nell’area sottostante all’Altare Maggiore, viene aperta solo in quel dì. Secondo questa tradizione ereditata dal tempo antico, si ritiene di acquistare l’indulgenza Plenaria. Si ritiene inoltre che il Privilegio sia stato largito nel tempo antico da un Sommo Pontefice”.
“Un Primato” aveva esclamato il 1° giugno 1996 a Guardialfiera, il Cardinale Luigi Poggi, Archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa. “Un primato che pone Guardialfiera e il Molise in cima alla graduatoria cronologica dei favoriti di Dio”.
Non c’è Covid che tenga, anche quest’anno il miracolo avverrà !
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