Nel viaggio del nostro antico, odierno e futuro attraversamento, ho incontrato vari mostri, ma anche angeliche figure, che hanno alleviato, in modo a volte terapeutico e salutare le strade delle tempeste e delle bonacce. Da qui nasce un discorso, che ogni tanto, da Pirata laureato in Pirateria, vorrò proporre, a mò di seduzione o forse soltanto per incuriosirvi un po’.
Da questa premessina numero 1, nasce il gioco dei:
LIBRINSANI
Il gusto è soggettivo. Dicono le cronache che il critico pone le sue scelte e le rende palesi, ma sempre giocando con le proprie percezioni e il senso del suo personale piacere. Lo fanno tutti, gente che per contratto e professione ha rubriche sui giornali e/o si occupa di robe artistiche e culturali, attraverso iniziative e manifestazioni varie. Robe di letteratura, arte, musica e tanto altro ancora. Quasi sempre motori di cultura adeguati alle esigenze collettive o almeno della maggior parte. Così capita che, nel settore che voglio affrontare, quello dei libri, vorrei cogliere alcune dimensioni non consuete, roba un po’ strana, diciamo più complessa, forse più ostica, soprattutto nelle trame che diventano oscure e difficoltose, intravedendo e presentando strade diverse, storie differenti, nodi narrativi che si complicano, invece di sciogliersi. Io, vi confesso, amo a dismisura questi corposi sensi complicati, assai scostumati verso la piena chiarezza e assai multiformi.
Inizio, adesso, con una robina più semplice. L’idea, miei cari, è non spaventare, ma accompagnarvi su un sentiero leggermente diverso, che magari si aprirà più tardi negli intrighi di questi nuovi mondi letterari e forse leggermente più caotici e, qualche volta, mal sopportabili.
Dunque, detto questo vi dico: conoscete tal NEAL STEPHEMSON?
Mi sa poco e niente, se non niente e più di niente. Eppure il tizio in patria, Seattle perciò States, è abbastanza conosciuto, almeno in certi ambienti. Parlo di quelli del cyberpunk, dove è consacrato come autore di culto.
Da noi, in Italy, è noto, a buoni a pochi, perché ogni tanto, presso una casa editrice che si chiama Shake, che nasce nel 1988, ufficialmente come Cooperativa a Milano, ma deriva da un Collettivo con lo stesso nome, che operava da anni nell’organizzazione di iniziative controculturali e culturali, tra le quali una bella trasmissione a Radio Popolare.
Sempre nel suo passato da collettivo, nasce nel1985 una rivista, “Decoder”, che è una rivista dove si proietta il dibattito politico al di là degli anni ottanta e si cerca di sperimentare, in maniera sempre più nuova, i mondi dell’Arte, della Cultura Cibernetica e delle Controculture.
Comunque, per quel che ci riguarda, la Shake, nel 1995, pubblica un romanzo di Neal, dal titolo Snow Crash, che subito spacca nell’ambiente che da tempo andavo frequentando. Roba di palati particolari, pieni zeppi di curiosità e tendenzialmente rivoltosi per natura, per dna, per strane stranezze planetarie.
Intanto ti arriva, per merito, nell’ottobre del 2000, della Rizzoli (Rcs Libri) questo poderoso libro. Poderoso perché, compreso ringraziamenti, prologo, note del traduttore ed indice, ti propone ben 1163 pagine, che è cosa già di per sé complessa e faticosa, poi te lo fa leggere in modo sempre un po’ difforme, tra grassetti, corsivi e getti di inchiostri sempre un po’ pazzoidi. Comunque si fa leggere, almeno dai cyberfolli e cyberpunk.
Il titolo? Beh il titolo del romanzone non poteva essere che uno ed uno soltanto: CRYPTONOMICON, che è già tutto un programma, un gioco a folgore di strapazzo.
Per dirla bene, prendo subito in prestito il retro della sopraccoperta del libro, che riporta una frase, tratta dal Supplemento letterario del Times, che recita: “Cryptonomicon fonde storiae fiction come ha fatto DeLillo in Underworld. Ma il libro di Stephenson è più riuscito diquello di DeLillo, e molto più divertente”.
Ancora lì, sul guscio del volume, troviamo una bella frase de The Village Voice: “Stephenson è il Quentin Taratino della narrativa postcibernetica”, che è un po’ come dire che siamo attorno al meglio del meglio di certe letture che, quanto meno, sanno sconquassare i canoni di una normalità, come l’odierna girotondesca gioia collettiva, che ci conduce, pur prigionieri, alle porte di un Paradiso senza spinte emotive e senza peccati, che sono sempre il meglio della vita.
Naturalmente l’atto di spinta all’acquisto riporta ancora una citazione, quest’ultima dal Library Journal, il cui critico letterario scrive: “La prosa e brillante di Stephenson e la sua ironia conferiscono una sorprendente immediatezza a un libro che trascende il genere letterario a cui appartiene e che ha tutte le qualità per essere apprezzato non solo dagli amanti del thriller a sfondo tecnologico, ma anche da un pubblico più vasto. Imperdibile.”. Insomma che dirvi di più.
Ma ora arrivo a dirvi cos’è, di più o meno parla, quale le linee del racconto. Naturalmente dirò l’essenziale, perché non bisogna mai svelare più di tanto, lo diceva mi sa anche Bukowski, che sembra aver detto tutto e tanto ancora di più, ma anche Tolstoi, Dostoevskj, Leopardi, Boris Karloff e Robert De Niro, che citarli e tutti insieme fa sempre una bella figura.
Perciò il romanzo racconta di un tizio, tal Lawrence Pritchard Waterhouse, che troviamo nel 1942.
E’ un caspita di genio matematico, oltre a vestire la divisa di Capitano della Marina U.S.A.
Come nei film lo chiamano ad un qualche Quartier Generale, un Ufficio Governativo e Militare per comandargli un incarico in una missione assai segreta, diciamo segretissima. Con lui un sergente, udite udite,dei Marines, tal Bobby Shaftoe. Dovranno i due decifrare un difficile linguaggio in codice predisposto ed elaborato dai nemici, ma non fermarsi alla decifrazione, ma fare in modo di imbrogliarli, portando i tedeschi a convincersi che “los americanos” degli States sono lontanissimi dall’accesso alle informazioni e continuare,così indisturbati a dire le peggio cose guerresche, senza alcun sospetto. Praticamente saper tutto, ma far finta di sapere nisba.
Ma il romanzo ci porta anche ai nostri giorni, dove un nipote del Capitano, Randy, che di professione fa il pirata informatico (ecco la mia vicinanza), si va ad innamorare (ah, l’Amour, il dolce amorevole Amore, che in un romanzo ci sta sempre bene), guarda guarda, di Amy, che è la nipote del Sergentone dei Marines, che abbiamo conosciuto nel ’42.
Ed ecco che il polpettone è sempre in agguato.
Non vi dico altro, se non che l’avventura corre, come energia elettrica, attraverso il filo delle pagine, che siamo al rischio e all’entusiasmo, agli intrighi, alle ansie,alle paure, alle partite giocate a colpi di bei giri concentrici, che si avvicinano, si allontanano, dispongono, scorrazzano, strimpellano e si ficcano negli sviluppi come personaggi di primo primissimo piano.
Ah, dimenticavo, è chiaro, ma lo avete capito, che le coppie protagoniste sono due, vero?
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