“Dove comincia – e perché comincia – il male. Ci sarà un momento, preciso, in cui prende forma. O no? Deve esserci. Tutto ha un inizio. Quell’attimo – impercettibile – in cui si passa dal nulla al qualcosa. È questo che cerco io, da lei”.
Inizia cosi questo bellissimo libro di Massini pubblicato a gennaio scorso. Un libro di una potenza straordinaria, una lotta tra il bene e il male rappresentato da una parte da Hanna Arendt e dall’altro uno dei gerarchi forse più crudeli del nazismo di Hitler. Un’intervista ricavata dai verbali d’interrogatorio del nazista dopo la sua cattura in Argentina nel 1960 e trasferito in Israele per essere processato. Un lungo incontro in cui la filosofa ha avuto modo di guardare in faccia la bestia.
In un lucidissimo riavvolgere il nastro, Eichmann ricostruisce tutti i passaggi della sua travolgente carriera, dagli albori nella piccola borghesia travolta dalla crisi fino all’ebbrezza del potere, con Hitler e Himmler raccontati come mai prima, fra psicosi e dolori addominali, in un tripudio di scuderie, teatri e salotti. Dalle sua frequentazioni di famiglie ebree borghesi alle quali invidiava la servitù fino alla sua amante di gioventù, sempre ebrea.
In questa situazione a tratti surreale, si compone lentamente il quadro della Soluzione Finale, descritta nel suo aspetto più elementare di immane macchina organizzativa: come si sperimentò il gas? Quando fu deciso (e comunicato) l’inizio dello sterminio? Come si gestiva in concreto l’orrore di Auschwitz? Ed ecco prendere forma, passo dopo passo, una prospettiva spiazzante: Eichmann non è affatto un mostro, bensì un uomo spaventosamente normale, privo di alcun talento se non quello di trarsi d’impaccio, capace di stupire più per la bassezza che per il genio. Incalzato dalle domande della filosofa tedesca, egli si rivela il ritratto squallidissimo dell’arrivismo, della finzione, del più bieco interesse personale, ma niente di più. Nel suo racconto viene fuori un quadro sconcertante, dice di non aver nulla contro il popolo ebraico, e che il tutto lo faceva solo per scalare le gerarchie del nazismo, un ufficio centrale, più grande, con i soldati che gli pulivano gli stivali, e la servitù. Intanto però fu lui a dare seguito alle teorie farneticanti del Führer sulla soluzione finale.
Insomma un libro che si legge tutto d’un fiato per la qualità del dialogo e per la forza che Hanna Arendt mette in questa intervista, quasi sempre irreverente, e spesso rasenta la violenza, una violenza giustificata dalle azioni disumane compiute da Eichmann.
Stefano Massini “Eichmann. Dove inizia la notte. Un dialogo fra Hannah Arendt e Adolf Eichmann. Atto unico” Fandango editore
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