Chi è il primo poeta ambientalista della letteratura italiana? Senz’altro Giuseppe Parini che nel 1791 pubblica l’ode La salubrità dell’aria in sestine di settenari. Milano non doveva essere una città molto pulita all’epoca, come sicuramente non lo erano nello stesso periodo Londra o Parigi, e certo anche Roma e Napoli e Palermo (anche se, senza ombra di dubbio, che nessuno me ne voglia, l’aria del Sud nel Settecento doveva essere “fina” e forse addirittura più “fina” di oggi).
Il poeta lombardo, tornato nella sua Brianza, afferma
«Nè quì giaccion paludi,
Che dall’impuro letto
Mandino a i capi ignudi
Nuvol di morbi infetto:
E il meriggio a’ bei colli
Asciuga i dorsi molli».
Lontano dalla città e dal vapore paludoso della Pianura Padana, il poeta si sente prontamente rinfrancato, rigenerato; nell’immediato, il respiro è purificato dall’aria limpida della sua Bosisio e lui è felice di poter vivere insieme ai contadini, alla “beata gente” che si gode la vita, pur nel duro lavoro, che ha il volto sempre allegro, rinfrescato continuamente da un vento benefico, e non disdegna di osservare piacevolmente i seni delle “villanelle” che ondeggiano nella corsa.
Il poeta maledice colui che per primo, per quanto spera che sia immerso ormai nel bitume dell’Inferno, ha esposto la città di Milano al fetore delle risaie e ha infettato i canali, riconoscendo dunque delle responsabilità nell’operato dell’amministrazione del tempo, che «per lucro ebbe a vile/La salute civile».
Chi lavora nelle risaie ha il viso di un pallore mortale, niente in confronto col «bel volto giocondo
Fra il bruno e il rubicondo» delle belle contadine della Brianza.
La città è stata “superba”, per desiderio di lusso, per avarizia, e per “stolta pigrizia” e la conseguenza è che
la comun salute
Sagrificossi al pasto
D’ambizïose mute,
Che poi con crudo fasto
Calchin per l’ampie strade
Il popolo che cade.
Ancora, la condotta privata dei cittadini non è meno dissennata, se dalle finestre è uso gettare i residui corporali che, al risveglio della città ogni mattina, rendono l’aria irrespirabile.
Allora il poeta si rivolge all’Uomo (il nostro Uomo, quello a cui spesso ci rivolgiamo nelle nostre arringhe poetiche) e lo rimprovera con parole di fuoco:
Stolto! E mirar non vuoi
Ne’ comun danni i tuoi?
Grande Maestro, il Parini, insospettabile ambientalista, arrabbiato quasi come Greta Thunberg, che sa quanto la poesia possa smuovere le coscienze (almeno ancora ai tempi suoi).
Allora, Poeti,
Armiamoci e… scrivete!
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