I benedettini, a San Martino e nel Molise, a cavallo dell’anno mille avevano una presenza capillare e importante. Natalino Paone, nel suo bellissimo libro “Molise fra arte e storia”, in una mappa indica la presenza di ben quattro monasteri e altre celle o priorati nel territorio di San Martino: San Nicola; Santa Maria a Casalpiano; San Felice e San Bartolomeo, e di quest’ultimo non è rimasta alcuna testimonianza e nemmeno l’ubicazione precisa, ma è plausibile che sia nello stesso posto del Convento di Gesù e Maria. Infatti in quel Convento sono state rinvenute pietre e stemmi precedenti alla sua nascita, come lo stemma di Orso Orsini che acquisto il feudo di San Martino nel 1343. Il Muraglione così come è oggi, posto caro ai sanmartinesi, è stato costruito con decreto firmato da Ferdinando IV di Borbone nel 1847, proprio sul colle San Nicola, dove era ubicato l’omonimo Monastero benedettino. Il monastero di San Nicola è citato anche da Herbert Bloch che, nel 1986, ha pubblicato una fondamentale opera sui possedimenti medioevali di Montecassino: Montecassino in Middle Age. Al Monastero di San Nicola è legato un documento delle Cronache cassinensi, dove per la prima volta compare il nome del di San Martino. Il documento è di Pietro Diacono ed è del 1089 e racconta che l’Abate di Montecassino Oderisio aveva inviato al sinodo di Melfi nel settembre del 1089 diversi monaci e tra essi anche Leone Marsicano. Questi monaci avevano anche la missione specifica di approfittare dell’occasione per rivendicare dal vescovo Guglielmo di Larino il possesso della chiesa di S. Nicola che si trovava in castello S. Martini iuxta portas eiusdem castelli (proprio vicino alla porte del Castello di san Martino). Il resoconto dell’incontro fu fatto dalle stesso Leone e fu successivamente trascritto da Pietro Diacono nel suo Registrum al foglio 234, numero 557. Erano presenti, tra gli altri anche Bisanctus, arcivescovo di Trani, e Landulfo, vescovo di Civitate. In maniera amichevole, il Vescovo Willelmus accettò la rivendicazione dell’Abate Oderisius su San Nicola, ma si convenne che la chiesa sarebbe rimasta nel suo possesso nel corso della sua vita come beneficio. Tuttavia i monaci di Montecassino, per conto dell’abate Oderisio, posero la condizione che la concessione fosse gravata dell’impegno, che il vescovo Guglielmo accettò di buon grado, di inviare ogni anno a Montecassino, nel giorno di San Benedetto cento buone anguille o cento buone seppie (causa recognitionis et nomine census aut centum bonas anguillas aut centum sepias bonas). Il vescovo Guglielmo contestualmente restituiva ai monaci una carta sottoscritta dalla quale risultava che la chiesa gli era stata consegnata da Roberto I di Loretello. Si può anche supporre che l’usanza attuale di mangiare seppie e piselli, probabilmente allora seppie con farro o fagioli, il giorno 29 aprile, nelle sedi delle associazioni dei Carri, sia potuto derivare da questo episodio. Tutto questo porta la data del 1089. Il documento successivo è quello ormai conosciuto del 1113 relativo nuovamente alla chiesa di San Nicola di S. Martino in Pensilis a riguardo la regolarizzazione del vestiario dei monaci del Monastero. A ricordare il nome del Colle e del Monastero sul Muraglione si affaccia un piccolo Vicolo dal nome di Vico san Nicola.
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