Applausi a scena aperta per i New Trolls al Teatro Savoia di Campobasso. Si è concluso col pubblico tutto in piedi e un fragoroso battimani il primo dei due concerti (12 e 13 novembre ore 21) organizzati dalla Fondazione Molise Cultura nell’ambito del cartellone di eventi programmati per la stagione 2019/20. Una standing ovation preceduta dall’applauso convinto ed entusiasta di un pubblico attento e competente che ha inframezzato tuti i brani proposti dal gruppo guidato da Vittorio De Scalzi. Una performance che ha ripercorso i fasti del “Concerto grosso”, primo e secondo, che ha reso celebre la band all’alba e durante gli anni ’70. Questo, e non solo, perché il gruppo ha poi aggiunto dei bonus alla serata: l’ideale terza parte del Concerto, insieme ad altri classici del gruppo genovese rivisitati e arrangiati in chiave cantautorale con sonorità sofisticate e diverse dai classici schemi della canzone melodica italiana.
Quello del “Concerto grosso” è uno schema classico dove sullo stesso palco si alternano e dialogano l’orchestra, da una parte, e un gruppo di altri musicisti dall’altra. L’intuizione avuta dai New Trolls insieme al Maestro Luis Bacalov che ne scrisse la partitura, è quella di aver sostituito nel “Concerto grosso” il gruppo di musicisti classici con una rock band. Quello che nacque fu una fusione tra due generi, la musica barocca e il rock, che ha incontrato allora come ora i favori del pubblico e della critica.
Tre i movimenti che hanno aperto la serata e che hanno ripercorso integralmente il disco del 1971: Allegro, Adagio e Andante, così come composti dal premio Nobel (Il postino di Neruda) Louis Bacalov. Sin dalle prime battute, familiari ad un pubblico allenato alla grande musica progressive, si intuisce una delle sorprese della serata che contribuirà a rendere memorabile la performance dei New Trolls. Stiamo parlando dell’orchestra Stilnovo diretta dal maestro Roberto Izzo. Un ensemble di eccellenti professionisti che ha dialogato in maniera impeccabile con la band di De Scalzi. Eseguite alla lettera le partiture di Bacalov, arricchite da improvvisazioni di altissimo livello, come quella tra la chitarra elettrica di Andrea Maddalone e il violino di Roberto Izzo che ha chiuso il secondo movimento. Suggestivo, dopo il terzo movimento, l’Andante, l’omaggio a Jimi Hendrix. Un “quarto movimento anomalo”, come lo ha definito De Scalzi, composto dai New Trolls subito dopo la morte del leggendario chitarrista americano.
Tra l’esecuzione del primo e del secondo “Concerto grosso” la band, composta oltre che da De Scalzi e dal citato Maddalone, da Roberto Tiranti al basso e Lorenzo Ottonello alla batteria, ha riproposto due brani antecedenti, “Signore Io Sono Irish”, tratto dal primo album dei New Trolls, “Senza Orario e Senza Bandiera”, uscito nel 1968 e nato dalla collaborazione con Fabrizio De Andrè, Giampiero Reverberi e il poeta Riccardo Mannerini, a cui è seguito “Una Miniera”, pezzo uscito come disco singolo nel 1969 e dedicato al drammatico tema, purtroppo ancora di attualità, delle morti sul lavoro. Scavando sempre nel repertorio passato, il terzo brano proposto prima di “Concerto grosso n. 2” è stato “St. Peter’s Day”, tratto dall’album “Searcing For A Land” del 1972, disco composto interamente in inglese. Sono tante le citazioni contenute in quest’ultimo pezzo, dall’architettura musicale alla Genesis ai fraseggi di chitarra e ai cori che richiamano in alcuni passaggi gli Amazing Blondel.
E arriviamo al 1976, quando esce la seconda parte di “Concerto grosso n. 2”. Anche questo lavoro, scrito sempre da Bacalov, è una composizione in tre movimenti come la precedente. Quello che cambia, dal ’71 al ’76, è la tecnologia e la possibilità di utilizzare nuovi sintetizzatori, una virata verso territori musicali inesplorati che sono apparsi come per magia al Savoia quando le dita di De Scalzi, scorrendo sulla tastiera Roland, hanno partorito una sezione di trombe e di fiati mirabilmente sintetizzati dai circuiti elettrici. Anche qui, dopo i tre tempi, altre citazioni dal passato. E’ il caso de “Le Roi Soleil”, rock progressive all’estrema potenza, presente sul secondo lato di “Concerto grosso n. 2”, una facciata molto diversa dalla principale, come accaduto con il disco precedente dove sul lato B di “Concerto Grosso per i New Trolls” c’era una lunghissima improvvisazione della band di oltre ventidue minuti. Per il battimani di un pubblico estremamente coinvolto, composto da palati fini, c’è spazio anche per una cover di Gilbert Becaud, “Je t’appartiens” ribattezzata “Let It Be Me”, “una canzone che – dice De Scalzi tornando indietro nella notte dei tempi – ascoltavamo in un posto chiamato Club ’64, quando il termine Dj ancora non esisteva ma si diceva, semplicemente, ‘quello che mette i dischi’”. Il canto in falsetto, i cori, l’impasto vocale raffinato, un finto colpo di tosse a cui segue una ripartenza perfetta a più voci, il finale blues sono gli ingredienti che fanno di “Let It Be Me” un altro dei punti alti della serata.
Andando avanti, ai primi due si aggiunge un terzo tempo per “Concerto grosso”. Bacalov non c’è più ma il confronto tra i New Trolls e la musica barocca continua anche negli anni duemila. L’ideale seguito dei due precedenti prende il nome di “The Seven Seasons” (2007). Le “sette stagioni” si aprono con una overture a cui segue un divertissement chiamato “Barocco ‘n Roll”, violini e orchestra mescolati al classico riff del rock and roll. Alle schitarrate segue, quasi per contrappasso, un tempo “larghetto” e un suono meraviglioso di oboe che si alza dall’orchestra Stilnovo introduce il brano “One Magic Night”, impreziosito dalla voce soprano di Flavia Colagioia, una presenza femminile che appare solo per pochi minuti, un cameo che rappresenta però un momento altissimo del concerto. Il tempo “ostinato” della title track, “The Seven Season”, introdotta dal violino del maestro Izzo, chiude la parte concertistica della serata. E poi … poi il resto. Cinquant’anni di carriera sono tanti e c’è spazio per un paio di classici pop dei New Trolls, completamente rivisitati e sui quali svetta la chitarra acustica suonata da De Scalzi. Il salto nel tempo torna al 1978 con “Aldebaran” e una versione di “Quella Carezza della Sera” eseguita alla James Taylor. Il pubblico sembra trapassato da una scarica elettrica e canta in coro quello che poteva apparire un punto di caduta del concerto una volta lasciata la musica barocca e il progressive e che, invece, trasfigurata da De Scalzi e soci diventa un regalo inatteso. E poi il finale, con due citazioni. La prima per la gente che ancora muore di lavoro, e la band che esegue nuovamente “Una Miniera”, e poi la citazione più alta di tutta la musica suonata, di tutte le sere passate con gli strumenti in mano, di tutti i palchi calcati, di tutti i chilometri percorsi in lungo e in largo per l’Italia e fuori dal Paese: Shakespeare. Il gruppo chiude con un bis dalla suggestione straordinaria: l’Adagio, il secondo movimento da “Concerto Grosso per i New Trolls”. “To die, to sleep, maybe to dream”, “morire, dormire, forse sognare”: De Scalzi canta uno dei versi più famosi dell’Amleto shakespeariano. Si ha la sensazione che quel tempo d’oro, incastonato all’alba dei ’70, dato per morto, sia solo un tempo rimasto addormentato, un tempo sognato che il pubblico presente al Savoia, per una notte, è tornato a sognare. Si accendono le luci. Tutti in piedi a battere le mani per i New Trolls che, come sciamani, hanno rimesso indietro le lancette del tempo, e per l’orchestra Stilnovo, tutta fatta da giovani e da gente che in quel tempo passato non c’era ma che ha dimostrato, senza alcun dubbio, che ci poteva stare a testa alta.
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